Ultimi acquisti - Marzo 2015 (parte 1)

La cadenza dei miei acquisti musicali si sta riducendo a uno ogni tre-quattro mesi circa, cosa che da una parte mi lascia parzialmente insoddisfatto (e arrivo a un certo punto con il bisongo fisiologico di nuova musica) ma dall'altra rappresenta un sollievo notevole per le mie risorse finanziarie, soprattutto da quando ho iniziato ad accedere al mercato dei vinili. Questo mese è stata infatti la prima occasione in cui ho acquistato solo vinili, senza nessun cd. Vista la difficoltà a suddividere i dischi in base a contenuto/tipologia, applico una suddivisione abbastanza arbitraria commentando in questo post LP ed EP, e nel prossimo i singoli (sort of).


Cominciamo con quella che è stata una delle maggiori sorprese/rivelazioni di questa tornata. Non conoscevo Rebotini, autore francese di elettronica, ma con questo Music Components del 2008 mi sono trovato subito di fronte a qualcosa di notevole. Non è ben chiaro come mai ma i francesi hanno un loro talento nell'elettronica, e Arnaud Rebotini si inserisce in una lunga tradizione. Il disco riporta in copertina tutti gli strumenti utilizzati dall'autore, ed è una gioia constatare come si possa creare un'infinita varietà di suoni a partire da questi pochi oggetti. I pezzi spaziano tra techno ed electro, con un'attenzione particolare a distorsioni ed effetti. Alcuni pezzi sono davvero eccezionali in questo senso, come quello che chiude l'album. Mi rammarico della tardiva scoperta, ma è diventato un autore sul quale documentarsi bene.


Anche Timothy J Fairplay mi era sconosciuto fino a pochi giorni fa, e con Stories of Prison ho scoperto un nuovo esponente di una electro un po' antiquata, ma che ha sicuramente ancora molto da dire. Suoni che ricordano certe colonne sonore di film anni '80, roba alla Vangelis, in cui ogni piccola componente del suono finale ha la sua importanza. Il disco contiene sei pezzi tutta sulla stessa linea ma interessanti.





Butch invece lo conosco già, e so che si tratta di un buon interprete della techno contemporanea, anche se devo ammettere di non averlo mai seguito più di tanto, lo conosco per un paio di pezzi e qualche remix. In Songs About Uncosciousness il polpo biomeccanico in copertina accompagna durante l'ascolto di due pezzi di techno ipnotica: The Spirit richiede più di 5 minuti per arrivare alla sua parte centrale, mentre Shahrzad introduce alcune atmosfere vagamente orientaleggianti, ma mantenendo sempre l'atmosfera onirica, sull'orlo dell'inconscio. Come probabilmente era intenzione dell'autore.


Altra conoscenza di lunga data (ma diciamo pure: unico dj internazionale con cui ho voluto una foto) è Johannes Heil, in quest'ultimo disco in coppia con Markus Suckut per l'EP Souls uscito con Cocoon. Ultimamente Johannes è tornato alla techno più dura, come nelle altre collaborazioni con Len Faki iniziate un paio di anni fa. Anche Souls contiene tre pezzi definibili soltanto come "techno", con predominanza di kick, hi-hat e clap e senza un attimo di tregua. Intramontabile.




Includiamo in questo blocco anche un classico che mi sono voluto aggiungere alla collezione, dietro caloro incoraggiamento del buon Mastelloni. E così da oggi possiedo anche I Robot degli Alan Parsons Project, disco che non potevo lasciarmi sfuggire se non altro per il titolo. Ora, può sembrare roba piuttosto lontana dai miei standard di ascolto, e santiddio, sì, lo è, eppure ci ho comunque trovato qualcosa, una modo di intendere la musica, che paradossalmente mi sembra molto affine a quello che ascolto di solito, e mi ha consentito quindi di apprezzare anche questo. Poi non sto ad aggiungere il mio commento perché presumo che da quarant'anni a oggi ne abbiano già parlato abbastanza.

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