Days: The Crossmovie

L'ultimo post del mese lo spendo per segnalare un progetto italiano, emerso all'inizio di quest'anno, che reputo molto interessante. Days: The Crossmovie è una webserie come molte altre ne stanno spuntando negli ultimi anni, i cui episodi vengono caricati su youtube a completa disponibilità del pubblico. Days però ha una particolarità.


Approfittando del contesto interattivo in cui è inserito, Days è la prima webserie non lineare, che racconta una storia da più punti di vista contemporaneamente, e permette allo spettatore di decidere quale linea narrativa seguire. Partendo dalla scelta iniziale di uno dei quattro protagonisti, il percorso poi si snoda ogni volta che questi vengono in contatto, facendo scegliere quale eroe seguire. In questo modo si può percorrere la storia passando da un personaggio all'altro, acquisendo via via nozioni differenti, che vanno gradualmente a completare l'intero disegno della trama, per un totale di combinazioni possibili superiore a 200.000. La formula è talmente innovativa che è stato coniato un termine per definirla, quello appunto di "crossmovie". Il primo paragone che viene di fare, per chi se li ricorda ancora, è quello dei libri game: quei libri in cui alla fine di ogni capitolo si poteva scegliere di agire in due o più modi, e la cui storia evolveva quindi di conseguenza. Qui in realtà non ci sono epiloghi diversi a seconda delle scelte intraprese, ma la sequenza di clip che si sceglie determina l'apporto di informazioni che si riceve, e si arriva così alla fine con un bagaglio di nozioni diverso a ogni visione. In effetti, per poter comprendere appieno la storia sono necessari almeno due-tre passaggi, così da poter scoprire tutte le azioni compiute dai personaggi anche quando sono isolati dagli altri e i loro flashback personali. La visione risulta così altamente avvincente, con successive sottotrame parallele e intersezioni che la rendono differente a ogni passaggio.

La storia di Days segue i quattro protagonisti nell'arco di tre giorni, in un'ambientazione post-apocalittica, a un anno e qualcosa dopo una non meglio precisata "crisi" che ha scosso le fondamenta della civiltà. I quattro vivono, ognuno a modo suo, secondo regole survivaliste, ma la scoperta di un video caricato in rete, l'ultimo prima che la crisi esplodesse, inizia a scuotere le loro convinzioni, e a far riemergere i fantasmi del passato. Se l'ambientazione si può quindi definire fantascientifica, la presentazione è comunque centrata sui personaggi in sé, e mette in primo piano i loro dubbi e i loro drammi personali, tanto presenti che derivanti dal passato. In definitiva, Days è un ottimo prodotto, come molte altre webserie uscite ultimamente (e c'è da riflettere se i migliori prodotti cinematografici derivano da produzioni indipendenti), ma a differenza delle altre è riuscita a fare un balzo in più, traendo vantaggio proprio dalla sua forma di distribuzione.

Days è stato prodotto dalla ByMySide WebSeries, casa di produzione di Flavio Parenti, che a metà del 2012 ha già prodotto la webserie #ByMySide, appunto. Per adesso, di Days esiste solo la prima stagione, ovvero i primi tre giorni, che si concludono con una rivelazione di grande impatto, preludio a sviluppi eccezionali nella storia... tuttavia, proprio per poter continuare a produrre la serie, è lo stesso Parenti, alla fine, a chiedere il contributo degli spettatori. E non si tratta di un contributo economico: semplicemente, di seguire, condividere, likare, twittare, parlare, diffondere, in modo tale da creare un bacino di utenti abbastanza ampio da attirare qualche sponsor. Solo in questo modo sarà possibile produrre la seconda stagione di Days, e proseguire (e magari migliorare) la formula del crossmovie.

Quindi, con questo post, non faccio altro che raccogliere l'appello: intanto provate a iniziare la visione, e scoprirete presto quanto sia appassionante. Poi, potete seguire ByMySyde su Facebook, Twitter, Youtube, e prendere così parte alla community. Se volete dare un contributo più concreto, potete anche cimentarvi con il Progetto 404... ma fatelo solo dopo aver completato la visione (almeno un paio di volte). E condividete a vostra volta questo progetto grandioso per non farlo affondare insieme a tante grandi altre idee partorite dalla rete.

Il Segreto dell'Universo

Su su, non disperate, anche se oggi molti di voi probabilmente ne hanno motivo*, siamo alla prima segnalazione autopromozionale del nuovo anno, quindi alla fine dei conti si riparte con la routine, il che a suo modo è confortante, no? Abbandonati i sogni (illusioni?) di rivolgimento che hanno animato le conversazioni delle ultime settimane, si può tornare a pensare alle cose concrete.

E cosa c'è più concreto di un'antologia che si prefigge di rivelarvi il segreto dell'universo? No, seriamente. Per quanto il titolo possa apparire pretenzioso (un po' come il mio precedente Il senso della vita; anzi, questo era un working title che è stato scartato proprio perché me l'ero già accaparrato io!), ha un significato ben preciso. Le Edizioni Scudo, in uno dei loro "bandi segreti", hanno chiesto a una schiera di autori di scrivere un racconto che esplicitasse quello che loro ritenevano essere il significato dell'esistenza. E soprattutto, di essere sinceri. Non bastava produrre una storia in cui gli Annunaki ci donano la civiltà... bisognava farlo in buona fede! Era una richiesta particolare, proprio per questo cavillo di scrivere qualcosa in cui si crede (è facile inventarsi boiate per il gusto della narrazione, più complesso mettere sul piatto apertamente le proprie convinzioni), ma molti scrittori hanno risposti all'appello... incluso io, seppure con un certo ritardo.

La raccolta che ne è scaturita si intitola appunto Il segreto dell'Universo, contenente una ventina di racconti di altrettanti autori dell'underground italiano, tra i quali spiccano alcuni nomi noti nell'ambito della fantascienza come Vittorio Catani e Renato Pestriniero.



Il mio contributo è il racconto La staffetta, che non ha niente di sportivo ma si basa su una sorta di metafora dell'evoluzione. La quale, ammetto, rispecchia in pieno la mia convinzione (non dico "fede") sull'origine e il significato dell'esistenza. Che poi l'universo intero si basi su questa concezione, sono troppo piccolo per saperlo, ma non mi stupirei se fosse così.

Il volume, che contiene anche illustrazioni dedicate a ogni racconto, può essere acquistato tramite Lulu, come buona parte del catalogo cartaceo delle Edizioni Scudo. Se state cercando una ragione per proseguire la vostra esistenza (in particolare oggi, appunto), questo potrebbbe essere un buon punto di partenza.


*Quando dico "voi ne avete motivo", non intendo che al contrario io ho motivo di gioire; solo che non ho mai creduto che potesse esserci qualunque tipo di cambiamento sensibile.

Coppi Night 17/02/2013 - Slither

Finalmente tornano al Coppi Club un po' di bestie! Era da tempi immemorabili che non vedevamo un bel film a base di mostri di varia natura! Questo infatti, che già altre volte era stato proposto, è stato accolto con un discreto entusiasmo (almeno da me). Personalmente ne avevo sentito parlare quindi ero piuttosto curioso.

A conti fatti poi non è che sia un capolavoro. È una storia abbastanza ordinaria di invasione aliena con mostro mutaforma che si impossessa dei corpi umani e diffonde l'infezione con l'obiettivo di consumare tutte le risorse del pianeta. Il tono è prevalentemente leggero, da teen-movie, ma non scade nel trash e ci sono anche momento drammatici di buon livello. L'obiettivo principale, in ogni caso, rimane quello di mostrare queste schifose bestie verminose in azione, con abbondanti dettagli splatter, qualche sana e perversa allusione sessuale e un sacco di rumori gorgoglianti.

Ripercorrere la trama ha poca utilità, perché appunto comincia tutto dall'arrivo di questo asteroide (o forse un vero e proprio veicolo, non è chiaro), l'infezione del primo soggetto e da qui l'escalation di possessioni aliene, che naturalmente poi si conclude con la vittoria degli umani (che gioia qui pochi casi in cui la superiorità aliena è evidente!). Ci sono però alcuni dettagli interessanti: in particolare, la storia riesce a mescolare in modo efficace alcuni temi classici della fantascienza e dell'horror: c'è innanzitutto la possessione aliena in stile invasione degli ultracorpi, ma questi posseduti si comportano poi come dei veri e propri zombie che mugugnano e zoppicano inseguendo i non-infetti; c'è l'idea della mente-alveare condivisa, il predicozzo iniziale sull'evoluzione che non comporta necessariamente che un organismo più "avanzato" sia anche più "forte", e c'è anche il sottofondo sentimentale che si espande a partire proprio dal primo infetto. Insomma, una varietà di elementi che rende il film tutt'altro che noioso, grazie anche alle frequenti e valide scene d'azione, qualche battuta inserita al punto giusto, e soprattutto tante, schifosissime bestiacce.

Quindi, pur non essendo un prodotto di valenza culturale, Slither si dimostra comunque un film che soddisfa le aspettative, e riesce a intrattenere per la sua ora e mezzo. Consigliato per chi ama il monster of the week.

Il mio bilancio del 2012

Forse lo ripeto anche troppo spesso, quindi penso si sappia che cerco di slegare il più possibile questo blog dalla mia realtà personale. Al di là degli autopromo, raramente parlo di vicende che mi riguardano direttamente... semplicemente per il fatto che non le ritengo interessanti, per un pubblico esterno. Tuttavia in questo caso voglio fare un'eccezione, e mettere a disposizione del pubblico un'analisi che penso possa risultare interessante anche a chi passa di qui.

Contestualizzo. Il pubblico occasionale magari non lo sa (e giustamente gli interessa il giusto), ma chi scrive è un ragazzo piuttosto giovane, figlio di quella generazione di mezzo "senza futuro", che a febbraio del 2012 ha fatto la bella pensata di lasciare il nido e andare a vivere per conto suo (beh, in effetti, con un coinquilino, ma comunque lasciando il supporto della famiglia). Che sia stata una scelta azzeccata è tuttora materia di discussione, ma qui non parleremo di questo. Il ragazzo che esce dal nido, all'epoca, pensò che, cambiando drasticamente il suo regime di gestione delle risorse finanziare, fosse bene tenerne traccia. Per questo, proprio a partire da febbraio 2012, ha preso ad annotare tutte le spese effettuate giorno per giorno. E intendo dire proprio ogni singola spesa, dalle lenti a contatto all'abbonamento per la piscina, dal caffè preso alla macchinetta alla serata in discoteca. La cosa è diventata un automatismo, e così a fine gennaio 2013 il ragazzo si è ritrovato con una base di dati piuttosto solida per qualche elaborazione utile.

La prima che mi è venuta in mente, a fini prettamente pratico-organizzativi, è stata quella di ottenere una visione più chiara possibile delle "voci di spesa" che incidono sul mio bilancio. Per cui ho suddiviso tutte le spese in un certo numero di categorie (ne ho individuate 13) e poi ho sommato gli importi su base annuale. Ne è uscito un grafico che reputo possa essere interessante anche per chi vive in una situazione diversa, per chi magari pensa di fare una scelta analoga alla mia, per chi non ha mai avuto il tempo, la voglia o la costanza di appuntarsi le sue spese. Per questo ho deciso di presentarlo qui.

Naturalmente non citerò gli importi perché mi piace pensare di avere ancora un livello minimo di privacy, ma le percentuali dovrebbero bastare a fornire un'idea. Sotto al grafico spiego più nel dettaglio le varie categorie.


  • fisse: le spese "fisse" appunto, quelle che mi partono via senza che nemmeno me ne accorga. In pratica affitto, polizza assicurativa e internet.
  • consumo: la spesa per beni "di consumo", che include tanto le derrate alimentari di base quanto altri prodotti come dentifricio, sapone, e così via. Da sottolineare che non compro acqua, ma la attingo alla fontana comunale (fiuuu!).
  • svago: le spese per le uscite, dalla birra al bar al film visto al cinema, dalla serata in discoteca alla cena fuori.
  • cibo: qui intendo il cibo consumato al di fuori di quello che rientra nella categoria "consumo", quindi in pratica quando mangio fuori casa, che sia colazione, pranzo o gelatino. Non includo qui le sporadiche cene al ristorante, che rientrano nella categoria "svago" (perché se a volte posso essere costretto a pranzare fuori, la cena in compagnia è più un'occasione sociale che alimentare.
  • telefono: beh, le spese per il telefono.
  • auto: tutte le spese che riguardano l'automobile: graziaddio ho finito di pagarla nel 2011, ma qui ci rientrano benzina, assicurazione, bollo, autostrada... e anche quella cazzo di multa che ho preso a novembre.
  • libri: la spesa, appunto, per l'acquisto di libri. Ci rientra anche il kindle e la relativa custodia. Per cui presumo che nel 2013 questa voce sarà drasticamente ridotta.
  • bollette: gas, luce, acqua, spazzatura, passo carrabile (che poi manco uso, deficiente).
  • viaggi: sì perché una volta al mese magari mi capita di arrivare più lontano di quattro chilometri da casa. L'anno scorso c'è stato anche il soggiorno a Bari per il Premio Giulio Verne, per dire.
  • sport: essenzialmente questo è l'abbonamento alla piscina. Avrei dovuto comprare le scarpe da corsa nuove, ma, ehm, ho deciso di procrastinare...
  • cd: perché la gente non ci crede, ma quando io dico che acquisto la musica di cui poi parlo anche qui, non sto scherzando. E dalla consistenza della fetta si dovrebbe intuire...
  • medicine: per quanto sia un convinto sostenitore dei miei linfociti, ogni tanto qualche salto in farmacia mi tocca farlo, anche solo per la propoli. E soprattutto per le lenti a contatto, perché nuotare con gli occhiali sarebbe problematico.
  • varie: roba random che non trova altra collocazione.
Ora, non so di preciso quale insegnamento bisognerebbe trarre da tutto ciò. Personalmente, ho un'idea più chiara di dove finiscono (in senso letterale: finiscono) i miei soldi, per cui se le cose vanno male (come probabilmente sarà), potrò valutare cosa tagliare. Saltare un'uscita al mese, dare via la macchina. So che tutti mi suggerirete di smettere di comprare i cd, perché la musica la puoi scaricare a gratis, non lo sai?, ma non credo che succederà, al massimo sarò in grado di contenermi ma non di smettere.

Voi, boh, potrebbe esservi di ispirazione. Credo che sarebbe utile a chiunque avere una percezione delle proprie uscite, specialmente in questi tempi di GRISI. Poi magari non avete di questi problemi e tanto meglio per voi, ma una presa di coscienza la reputo comunque positiva. Io ho fatto il tutto usando excel (cioè, nemmeno: openoffice calc), ma sui vostri smartphone potete trovare anche app apposite per tenere traccia dei flussi monetari. Fatene buon uso.

Se a fine gennaio 2013 avrò ancora un computer su cui scrivere, potremo verificare se c'è stato qualche cambiamento.

Top music 2012

Forse è un po' tardi per un post riepilogativo dell'anno passato (quello riferito alle letture è stato inserito in un'epoca più adatta), ma il ritardo è dovuto al fatto che sono stato piuttosto indeciso di scriverlo o no. Ho già scritto articoli simili per il 2010 e il 2011, ma in entrambe le occasioni, col senno di poi mi sono accorto che avrei dovuto inserire in quelle classifiche dei dischi che ho acquisito solo in seguito. Per esempio, nel 2011 ho eletto come miglior album Luna di Stephan Bodzin e Marc Romboy, e penso di poter tuttora confermare questo primato, tuttavia le altre posizioni le avrei sicuramente messe in discussione dopo aver ottenuto solo il mese scorso Diorama di Dominik Eulberg, e anche III di Gui Boratto un suo posto forse l'avrebbe meritato. Per cui, ho pensato che fare una classifica dei migliori dischi del 2012 sarebbe piuttosto stupido, quando magari i veri migliori in realtà non li ho sentiti!

Quindi ho deciso di cambiare prospettiva. Posto che in qualche modo voglio comunque fornire una selezione delle migliori cose che ho ascoltato l'anno scorso, applicherò però un criterio diverso, che poi è lo stesso utilizzato per valutare i libri: semplicemente farò la classifica degli album migliori che ho ascoltato nel 2012, indipendentemente dall'effettiva data di pubblicazione. Perché, anche se forse lo ripeto troppo spesso, in fondo la buona musica non invecchia mai, no?

Partiamo quindi con questa top 5 astorica dei migliori album che ho ascoltato l'anno scorso. In realtà a parte la posizione numero 1, alle altre quattro non saprei dare un'effettiva scala di valore.



Doveroso citare intanto Berlin Calling di Paul Kalkbrenner. L'album, che costituisce anche la colonna sonora dell'omonimo film, rappresenta un'ottima selezione dello stile dell'artista, che da alcuni anni a questa parte è uno dei pochi della scena elettronica ad aver guadagnato un minimo di popolarità anche presso il pubblico mainstream. Qui dentro si trovano pezzi come Aaron, Altes Kamuffel e Sky and Sand, scritta insieme al fratello Fritz, e anche un edit di Mango di Sascha Funke. Tutti pezzi di ottimo livello e capaci di colpire durante l'ascolto.




Anche il primo album dei Moderat, che si chiama appunto Moderat, è di grande impatto. Il trio formato dai Modeselktor e Apparat ha iniziato questo progetto collettivo nel 2009 (e lo ha ritirato fuori proprio di recente, yippi!) ed è riuscito a mettere insieme una serie di tracce di una profondità incredibile. A New Error, Rusty Nails, Porc, Nasty Silence... e vabbè, le sto per elencare praticamente tutte, ma davvero non c'è una traccia che appaia superflua. Lo stile si riconosce, ma i suoni non vengono mai a noia, e scavano nel profondo.




Ci metto poi Death by Misadventure di Chymera, che è effettivamente un album del 2012. Un altro disco carico di emozioni, di un autore che pur muovendosi nell'ambito della techno tradizionale riesce a dare una grande corposità ai suoi pezzi. L'album è arricchito anche da pezzi più strumentali, e può risultare gradito anche al di fuori del contesto elettronico, ad esempio per The Chase, Aloof, An Island in Space.





Ho detto che le quattro posizioni sotto la prima non avevano un ordine preciso, ma forse Primavera lo potrei considerare al secondo posto della top 5. In questo sue secondo album (anche questo del 2012) Basti Grub riesce come pochi prima di lui a mescolare in modo armonioso le atmosfere latine e la techno. Ho già descritto abbastanza le impressioni nel post in cui commentavo l'acquisto quindi evito di ripetermi, ma il lavoro dietro questo album è davvero impressionante. Per un paio di settimane buone ho ascoltato a ripetizione Verano, e l'unica cosa che mi ha impedito di sentirla più di cento volte in un giorno è il fatto che dura 10 minuti e, beh, sei-sette ore al giorno le dormo.



E quel primo posto dichiarato fin dall'inizio non vi sorprenderà essere Diorama di Dominik Eulberg. Anche in questo caso ho già parlato molto di cosa mi ha suscitato l'ascolto di questo album nel post a lui dedicato, quindi non mi ripeto. Le ragioni che mi portano ad eleggerlo il migliore del 2012 stanno lì, e nel fatto che oltre alla musica in sé, questo album ha anche un tema, una storia, un significato che mescola suoni, parole, natura, scienza. È una combinazione difficile da azzeccare, ma Eulberg ci riesce pienamente, e stupisce. Credo anzi di poter dire che questo è il suo album migliore, per quanto tutti siano di per sé ottimi.


Per quanto riguarda le compilation, credo che la migliore si possa considerare Bar 25: Tage Ausserhalb der Zeit, che raccoglie in due cd una serie di canzoni appositamente scritte per celebrare la chiusura dello storico locale berlinese Bar 25. E poi ovviamente il top di gamma è sempre la Cocoon, tanto per l'annuale Cocoon Compilation (giunta alla lettera L) quanto per il mix di Chris Tietjen, arrivato invece al numero Sieben.

Volendo fare una panoramica più ampia, in generale il 2012 è stato per me l'anno di Gui Boratto, Dominik Eulberg, Apparat (tutti già citati nella top 5 sopra), Fritz Kalkbrenner e Miike Snow. A volte mi stupisco di quante cose ancora mi rimangono da scoprire in ambito musicale, e ringrazio il cielo che sia così.

Coppi Night 10/02/2013 - The Dark Side of the Moon

Riportato in italia come 666 - Il triangolo maledetto, che è un titolo che sa di b-movie horror... come di fatti si tratta. Bisogna però ammettere che la storia, almeno nelle sue premesse, sembra un minimo originale. Tutto si svolge infatti a bordo di un'astronave (che è uno scenario tipico della fantascienza, vedi ad esempio Alien, Pandorum, Sunshine...), il cui equipaggio è diretto verso un satellite nucleare (!!!) orbitante intorno alla Luna per una missione di riparazione, come viene spiegato nell'utile e very eighties testo scorrevole all'inizio del film. Le cose iniziano a farsi sospette quando l'astronava viene avvicinata da uno shuttle (l'ultimo dei quali ha volato decenni prima) presumibilmente disabitato, ma che sembra essere manovrato con estrema cura. Ovviamente esplorano l'altro veicolo, e si scopre che qualche casino deve essere successo, perché poco dopo qualcuno inizia a comportarsi in modo strano e qualcun altro a morire in modo truce. E quindi sì, siamo nella classica situazione del panico nell'ambiente chiuso e tutti contro tutti.

Il particolare più interessante, e che giustifica in parte il titolo italiano, è il collegamento stabilito tra il triangolo delle Bermude e una zona sul lato nascosto della Luna, che sarebbe in qualche modo l'uscita di questa specie di porta dimensionale da un punto all'altro. Il problema purtroppo è che questo presunto legame viene scoperto con mezzi alquanto vaghi (riferimenti alla bibbia e al numero della bestia fatti dalla ragazza-robot che costituisce la IA della nave), e alla fine dei conti ha un ruolo pressoché nullo nella storia. Altrettanto labile è la presenza dell'entità malvagia che si impossessa via via dei membri dell'equipaggio, che si scopre essere proprio Satana in persona, nemmeno uno dei suoi sgherri: non è chiaro infatti quale sarebbe l'obiettivo del demonio, visto che pare assurdo che debba darsi tanta pena per arrivare a metà via dalla Luna per trovare qualche anima, visto che sulla Terra ce n'è a miliardi. E cosa c'entri lui con il triangolo delle Bermude, poi, non s'è mica capito. Ah, e qualcuno dovrebbe anche spiegare perché su un'astronave che va a riparare un satellite hanno in dotazione fucili a pompa...

Al di là della trama, il film in effetti risulta anche piuttosto noioso. Di una lentezza esasperante, impreziosito da dialoghi piatti e interpretazioni ben poco credibili. Il protagonista belloccio è esso stesso irritante quanto un brufolo tra le chiappe, incapace com'è di tirare le somme del casino che sta succedendo. A livello di struttura, The Dark Side of the Moon ha delle affinità con La Terra silenziosa: si tratta in entrambi i casi di b-movie di fantascienza dallo svolgimento piuttosto lento, ma in questo caso anche le parti di "azione" risultano mosce, alcuni punti della trama rimangono oscuri (o meglio: la spiegazione non solo non viene fornita, ma proprio non è stata pensata!), e il finale non conclude nulla. Non per nulla il Coppi Club ha dichiarato che si tratta di uno dei peggiori film in assoluto mai proiettati.

[quote] # 8


È raro che io proponga un post "a tema" riferito a una particolare giornata o evento di attualità, visto che al di là della poco nutrita rubrica "today in the universe" cerco di mantenere i post universalmente validi, al di là della data di pubblicazione. Questo [quote] però si può considerare attuale, visto come ogni altro 14 febbraio, oggi si tende a dedicare la giornata al complesso di sensazioni/sentimenti che viene comunemente definito "amore".

Ma che cos'è l'amore, e perché se ne parla tanto? La parola passa quindi ad Osho, uno dei più importanti guru contemporanei. Devo ammettere che non sono esattamente un suo seguace, e sono venuto a conoscenza di questa lezione tramite il pezzo Love and Hate di Johannes Heil e Christian Pass, uscito alcuni anni fa. Chiaramente non sto a tradurre, sbrigatevela da soli o con google translator.

Love and hate are just two sides of the same coin. But with love something very drastic has happened. It is unimaginable how this drastic step was taken by people who had all the good intentions in the world. You may never have suspected what has destroyed love. It is the continuous teaching of love that has destroyed it. Hate is still pure. Love is not. When you hate, your has an autenticity. And when you love, it is only hypocrisy. This has to be understood.

For thousands of years, all the religions, politicians, have been teaching one thing. That one thing is love. Love your enemy, love your neighbour, love your parents, love god. Why in the beginning it started, this strange teachings of love? They were afraid of your authentic love. Because the authentic love is beyond your control. You are possessed by it. You are not the possessor, you are the possessed. And every society wants you to be in control. The society is afraid of your wild nature. It is afraid of your naturelness, so from the very beginning it starts cutting your wings. And the most basic thing which is dangerous in you is the possibility of love. Because if you are possessed by love, you can go even against the whole world.
Se poi volete sentirlo direttamente detto da lui, potete anche vedere il video originale:



Il passaggio che mi pare più significativo è la frase "Hate is still pure, love is not." Si tratta uno spunto di riflessione estremamente interessante: l'amore è ormai, da millenni, un sentimento imposto, controllato, pilotato, mentre l'odio è ancora puro perché non è stato manipolato (al contrario ad esempio della paura). Quindi viene da pensare se il vostro amore che ritenete tanto speciale e unico e autentico non èsiaaltro che il più subdolo strumento imposto dalla società per controllarvi. Certo, come dice il maestro, c'è la possibilità che il vostro amore sia davvero autentico... ma quanto ci credete?

Meglio quindi odiare. Odiare sinceramente, con tutti voi stessi. Allora proverete davvero un sentimento spontaneo e profondo.

Rapporto letture - Gennaio 2013

Primo rapporto letture del nuovo anno! Magari prima di addentrarvi a scoprire cosa sto leggendo nel 2013 potrebbe esservi utile riavere una panoramica di quello che ho letto nel 2012, così vi fate già una prima idea. Ah, inoltre, vista ormai l'integrazione degli e-book nella mia lista di lettura, da quest'anno non specificherò più se si tratta di un libro di carta o elettronico (a meno che non si parli di un e-book liberamente scaricabile che quindi potete ottenere direttamente).


Più riguardo a LeviathanPrimo libro completato dell'anno è uno che bramavo da tempo: Leviatahan è il primo volume di una trilogia che Scott Westerfeld ha scritto un paio di anni. Questo autore è conosciuto principalmente per la sua narrativa "young adult" (come lo erano I diari della mezzanotte), e anche in questo caso si può dire che il target princpale è quello. Ma indipendentemente dal fatto che possa essere un libro per adolescenti, non si può rimanere indifferenti di fronte a una storia del genere: Westerfeld ripropone nell'Europa della Grande Guerra un conflitto tra gli schieramenti, che però si distinguono anche per il loro approccio alla tecnologia: Clankers vs Darwinists. I Clanker ("cigolanti" nella versione italiana, corrispondenti a Germania, Austria-Ungheria, Impero Ottomano) costruiscono macchine in perfetto stile dieselpunk, con camminatori, zeppelin, landships e così via; i Darwinisti invece (Gran Bretagna, Francia, Russia, Italia), grazie proprio alle scoperte del padre dell'evoluzione, fanno nascere creature geneticamente modificate per soddisfare i loro scopi: dalle meduse-mongolfiere ai cani-fiutatori, dalle lucciole per l'illuminazione ai pipistrelli anti-aerei, e così via. Il Leviathan stesso del titolo è l'immensa bestia volante (una balena modificata che costituisce un intero ecosistema) su cui viaggiano i protagonisti. La storia segue due ragazzini, il Prinipe Aleksander, figlio illegittimo dell'arciduca Franz Ferdinand (quello il cui omicidio in serbia ha scatenato la Prima Guerra Mondiale), in fuga dai nemici che hanno assassinato i suoi genitori, e Deryn Sharp, una ragazza che finge di essere un maschio per poter servire nell'aeronatuica. Il percorso dei due si intreccia, e da quel momento dovranno trovare una via comune per poter raggiungere entrambi i propri obiettivi apparentemente opposti, traendo il meglio dalle rispettive ideologie. Il libro è estremamente affascinante, in particolare proprio per il contesto ucronico steam/diesel/genopunk, e si rimane davvero stupiti dalle fantastiche invenzione dell'autore. La storia certo non è conclusiva, proprio perché si tratta del primo di una serie, ma il giudizio è comunque molto positivo. Voto: 8/10


Più riguardo a Millemondi Autunno 2012: L'evoluzione del vuoto / 2Più riguardo a Millemondi Estate 2012: L'evoluzione del Vuoto / 1Per secondo (e terzo) vengono due libri che presi insieme sono a loro volta capitoli di una saga, anche se in questo caso sono la parte conclusiva. Si tratta di L'evoluzione del vuoto, scomposto da Urania in due volumi, ultimo libro della serie del Vuoto di Peter F. Hamilton, che segue Il sogno del vuoto e Il tempo del vuoto. La lunga saga (tre libri da oltre 700 pagine ciascuno) qui finalmente riprende tutte le fila lasciate in giro, intrecciando i nodi della trama che finora erano rimasti disgiunti, e producendo degli efficaci climax per i confronti finali tra i personaggi. Devo ammettere che se nei primi due capitoli della serie ero rimasto un po' scettico, temendo che l'autore non fosse in grado di rimettere insieme la storia nel suo complesso lasciando aperte alcune trame, a lettura ultimata invece sono rimasto pienamente soddisfatto. L'epica space opera su scava universale (anzi, multi-universale) messa insieme da Hamilton ha una coerenza estrema, e mi pare che tutti i particolari siano stati infine svelati. Inoltre, al di là della trama in sé, anche il "messaggio" ultimo veicolato dalla storia che si svolge all'intenro e all'esterno del Vuoto è davvero significativo. Per questo, nonostante la fatica che una lettura così lunga (e prolissa, in effetti, ma non noiosa), alla fine dei conti posso dire che ne vale la pena. Voto: 8/10


Più riguardo a PandemoniumPassiamo a un altro autore per cui nutro grande fiducia. Di Daryl Gregory ho letto in effetti solo un paio di racconti, ma mi hanno totalmente colpito. In particolare Seconda persona, tempo presente mi ha sconvolto tanto da metterlo al primo posto nella mia classifica dei migliori racconti sf del XXI secolo. Per questo, bramavo abbastanza di leggere Pandemonium, e non capisco perché non l'avessi già fatto. Il romanzo (il primo di Gregory) è ambientato ai giorni nostri in un mondo in cui, più o meno a partire dagli anni '50, si sono diffuse delle "possessioni" da parte di "demoni", che si manifestano nel corpo delle persone e si comportano secondo i loro principi, per poi abbandonarli. Il fenomeno è accertato e studiato, ma non se ne conoscono le cause. I demoni stessi non hanno una definizione chiara, sembrano per lo più figure archetipiche come l'eroe di guerra, il giustiziere, il monello. Il protagonista è stato posseduto proprio da quest'ultimo quando era bambino, ma in età adulta scopre che il demone sembra essere ancora in lui, e parte così alla ricerca di un esperto di demonologia che possa aiutarlo. La sua ricerca in realtà lo porterà in direzioni del tutto inaspettate, facendogli conoscere personaggi (e demoni) particolari e conducendolo verso clamorose rivelazioni. Il romanzo è avvincente fin dalle prime battute, e riesce a tirare in ballo argomenti estremamente interessanti, in particolare per gli appassionati di fantascienza (per forza, se tra i personaggi ci metti Philip K. Dick posseduto da Valis!!!). La storia nel complesso è validissima, e ha un che di American Gods di Neil Gaiman per la presenza di queste figure "ideali" all'interno dell'ambiente umano, tuttavia manca qualcosa perché si possa considerare perfetta. In realtà non so nemmeno io cosa, ma mi è rimasta la sensazione che ci sarebbe potuto essere qualcosa di più, forse una conclusione più esplosiva di quella che invece sembra non modificare in sostanza la situazione iniziale. Comunque ottimo libro, e consigliato anche a chi non è addentro al genere. Voto: 8/10


Più riguardo a Urban GodsChiude il mese una raccolta di racconti italiana: Urban Gods è il libro tratto dall'omonimo concorso organizzato da Writer's Dream nel corso del 2011 (concorso al quale anch'io avevo partecipato, ma senza essere selezionato per l'antologia), il cui tema è quella delle divinità inserite all'interno di un contesto umano. Ora, ci sono dei racconti di buon livello: Notte d'inferno (il vincitore), L'Apocalisse di Giovanni, Apollo-Dafne-London-Plastic, La scommessa degli immortali... il problema è che sono ampiamente surclassati dalla mediocrità di altri. Il racconto ambientato in giappone ad esempio è una favola senza capo né coda che sembra solo una celebrazione degli stereotipi degli anime, Appuntamento con demone è un twilight con un semidio etrusco al posto di un vampiro (e peraltro piuttoto inconcludente), Questa bellissima creatura deve morire... boh, questo non so cos'è perché è del tutto incomprensibile, tanto per la struttura che per le singole parole usate (roba che nemmeno Ippolito Nievo). Inoltre, sono rimasto deluso dal fatto che quasi tutti i racconti siano dedicati al pantheon giudiaico/cristiano o al più a quello classico/ellenico, sarebbe stato più gustoso avere maggiore varietà. Il voto complessivo quindi è insufficiente, ma per una semplice questione di media, i lavori buoni sono buoni davvero per parte loro. Voto: 4.5/10

Coppi Night 03/02/2013 - Die Hard: Vivere o morire

Anche i film d'azione scarseggiavano da un po' nel Coppi Club. L'ultimo è stato I mercenari 2, a metà dicembre... e tutto sommato avrei sopportato senza difficoltà l'astinenza. Non perché non gradisca in senso generico questo tipo di film, ma perché quella corsa agli armamenti che negli ultimi anni ha preso piede in questo genere, portando a produzioni sempre più spettacolari ed esagerate, ha portato nella maggior parte dei casi a risultati deludenti. Infatti spesso la storia si riduce a una sequenza di inseguimenti, sparatorie e scontri ai limiti delle possibilità fisiche e ben oltre i criteri del comune buon senso, per non parlare degli standard morali messi in pratica dai buoni e dai cattivi.

La trama di Live Free or Die Harder, quarto capitolo della serie con protagonista Bruce Willis che interpreta il granitico McClane (vi siete mai chiesti da cosa deriva il nome del personaggio dei Simpson?), comincia con un attacco informatico a un centro dati supersegreto degli USA (Stati Uniti = Pianeta Terra), da cui poi deriva un ordine dell'FBI di fare fuori tutti gli hacker in giro. A McClane viene ordinato di andarne a prelevare uno, ma dal nulla la gente iniza a sparare distruggendo un appartamento in piena zona residenziale con un obice e da quel momento in poi non c'è più pace. McClane scorterà il ragazzo cercando di capire come sventare il piano malefico dei cattivi, e alla fine ci riesce. Se devo dire la verità, non ho compreso pienamente tutti i risvolti e i passaggi, perché il tutto mi è parso estremamente noioso e per una buona mezz'ora durante la parte centrale ho pure dormito (complice il fatto che ero posizionato sul divano invece che sulla solita sedia antiergonomica). Comunque nonostante le ferite, nonostante gli elicotteri abbattuti con le macchine e i jet abbattuti con le autostrade, alla fine Bruce sopravvive, la figlia torna a volergli bene, e tutto è pronto per il prossimo film.

Anche se non posso giudicare con pieno criterio la storia, ci sono alcune sequenze che bastano a far decadere la credibilità del film. Ho già citato le sparatorie ingiustificate (cioè, intendo ingiustificate anche dal punto di vista di chi apre il fuoco: possibile che i tizi che dovevano catturare l'hacker non avessero altri mezzi che montare su tutto questo casino, con l'evidente rischio di far scoprire l'operazione segreta e fallire la missione? Possibile che fosse così importante ammazzare il ragazzetto in quel preciso momento piuttosto che la mattina dopo appena usciva di casa?), ma ci metto anche cariche di esplosivo collegate non si sa in che modo ai pc dei suddetti hacker, persone che dopo essere state schiacciate tra un suv e una parete non riportano il minimo danno alla colonna vertebrale (non credo che basti conoscere le arti marziali per avere le ossa in titanio), e poi quel cazzo di jet da combattimento che si abbassa al livello della strada e rimane fermo in volo come uno stracazzo di colibrì! Naturalmente c'è la solita sproporzione tra il livello di letalità della pallottole sparate da McClane e quelle dei suoi nemici, ma questo va messo in conto in tutti i film d'azione. Ora, io so che un po' di spettacolarità va ricercata, ma un conto è far vedere qualcosa di esagerato come appunto ne I mercenari o Machete, ma qui il film pretende di raccontare una storia credibile. Purtroppo non è per nulla così, e l'intrattenimento ne risente. So di averli visti ma non ricordo gli altri Die Hard, e se tutta la serie ha questo tono ora capisco perché.

Bustina # 22

If nothing matters, then everything matters. If everything matters, then nothing matters.
 Anonimo


Più che anonimo, è solo che non c'è una fonte precisa da cui questa citazione sembra provenire in origine. Alcuni gli attribuiscono il valore di un un insegnamento yoga, in altri casi sembra ripreso da qualche improbabile pezzo folk, io personalmente l'ho letto nell'introduzione alla raccolta From these Ashes contenente l'omnibus della narrativa breve di Fredric Brown. Ho lasciato il testo in inglese invece di tradurlo perché come spesso accade, in questo modo mi sembra più incisivo.

Indipendentemente dalla fonte però, il concetto è interessante. È una sorta di anti-antinichilismo, che porta a riflettere su quello che possiamo considerare il vero significato della vita, dell'esistenza, o di quel che vi pare. Si fa presto a fare i tenebrosi e dire che niente ha senso, niente è degno di considerazione: perché a ragionarci, se davvero niente ha importanza, tutto allora è parimenti importante; ma d'altra parte, se tutto è importante, allora niente lo è rispetto al resto. Per cui, scegliere quale strada percorrere può rivelarsi insidioso.

Probabilmente, la scappatoia risiede nel dare importanza solo a poche, selezionate cose. E forse, alla fine dei conti, è proprio questa scelta che influenza gran parte delle nostre vite.

Dal libro al film: La moglie dell'uomo che viaggiava nel tempo

Questo romanzo di esordio del 2003 di Audrey Niffenegger (in originale: The Time Traveler's Wife) appartiene a quella ambigua categoria di opere che, pur avendo per definizione una chiara collocazione nell'ambito della fantascienza, vengono considerate "al di sopra dei generi", principalmente per una forzatura del sistema per cui se un prodotto ha successo presso un pubblico mainstream non può essere "di genere": guai a dire che un romanzo di fantascienza parla d'amore e fa piangere le ragazzine! Più comodo usare definizioni vaghe e alternative, anche quando è del tutto evidente dal titolo di cosa si sta parlando: "l'uomo che viaggiava nel tempo", che sarà mai?

Polemiche su generi e storture del mercato a parte, La moglie dell'uomo che viaggiava nel tempo è un ottimo romanzo, che infatti ha vinto o è stato nominato per diversi premi. La storia rivolge intorno al rapporto tra Henry e Clare, due ragazzi qualsiasi... se non che il primo soffre di una vera e propria patologia (definita in seguito "cronoalterazione") che gli causa improvvisi e incontrollabil salti nel tempo e nello spazio. Da un momento all'altro, Henry può trovarsi in un altro luogo, passarci intere ore, per poi ricomparire al punto di partenza. A causa di questi suoi "balzi", quando Henry vede Clare per la prima volta in biblioteca non sa nulla di lei, mentre lei lo conosce fin da bambina, perché lui le ha fatto visita numerose volte nel corso della sua infanzia e adolescenza. La relazione tra i due si sviluppa nonostante le difficoltà che comporta la condizione di Henry, con Clare costretta a sopportare le sue sparizioni e aspettare il suo ritorno, costantemente preoccupata che nei suoi viaggi possa capitargli qualcosa di brutto. La cronoalterazione di Henry infatti lo porta spesso in situazioni pericolose, se non altro perché si ritrova completamente nudo (è solo il suo corpo a viaggiare, non certo i vestiti!) in posti affollati, senza risorse e senza sapere quanto dovrà rimanerci. Henry sviluppa infatti notevoli capacità di sopravvivenza (fuga, scassinamento, furto), anche perché è proprio la sua versione adulta a insegnare al sé stesso bambino (sì, questo è un "paradosso della conoscenza"!). Il libro, che si concentra inizialmente sulla costruzione del rapporto tra i due, assume un tono più drammatico quando Clare cerca di avere un figlio, che però soffre della stessa cronoalterazione e provoca notevoli problemi durante la gravidanza. La parte conclusiva, dopo un ultimo, grave incidente di Henry, si fa davvero straziante, e arriva a un finale di una carica emotiva impressionante (è questo il punto in cui le ragazzine, ma anche tanti omoni, piangono).

Nel 2009 il libro è stato adattato in un film, prodotto tra gli altri da Brad Pitt, e interpretato da Eric Bana e Rachel McAdams. Il film ripercorre in modo piuttosto fedele la storia del libro, riuscendo a rendere in modo efficace il nucleo della vicenda senza perdersi in eccessivi tecnicismi sulla condizione di Henry. La prospettiva adottata nella sceneggiatura è essenzialmente quella di seguire il punto di vista del ragazzo, dal suo primo (per lui) incontro con Clare fino alla fine del loro rapporto. Si può anzi dire che, mentre nel libro il punto di vista variava tra i due di capitolo in capitolo, nel film sembra Henry il vero protagonista della vicenda, e Clare sua comprimaria. Ci sono naturalmente aspetti che sono stati tagliati, considerando anche la corposità del romanzo: molta della "formazione" di Henry, e i suoi primi incontri con la giovane Clare sono appena accennati; da parte di lei invece è del tutto ignorata la sua professione di scultrice di carta, che nel libro invece assume una certa importanza soprattutto verso la fine. Anche il rapporto con gli amici e la famiglia di Clare, che nel libro hanno un ruolo più centrale, nel film rimangono a margine. Queste semplificazioni tuttavia non annullano la bontà del film, che rimane comunque coerente e riesce a raggiungere buoni livelli di coinvolgimento. I temi che emergevano dal libro sono in fondo ben esposti, anche se l'intensità emotiva non è esattamente la stessa. Forse infatti, più che a livello tecnico, al film manca qualcosa proprio da questo punto di vista: se la storia in sé è ben resa, non si può dire che la stessa forza si celi nelle sensazioni che la messa su schermo suscita nel pubblico. Personalmente, mi è sembrato in alcuni casi un mero problema di recitazione, che forse richiedeva un approfondimento maggiore da parte degli attori, che sono stati invece coinvolti in una produzione di medio livello (il film infatti non ha avuto un riscontro internazionale di grande livello, nonostante gli ottimi risultati ottenuti invece dal libro). Tuttavia, è anche possibile che il mio giudizio sia distorto dal semplice fatto che il romanzo è così potente da surclassare in ogni modo qualsiasi paragone.

Discorso a parte richiederebbe la versione italiana. Potrei anche raccontare il simpatico aneddoto per cui, pur sapendo che il film era in produzione, ignoravo che fosse già uscito nelle sale perché la stortura del titolo era talmente bizzarra e ingiustificata da non permettere di riconoscerlo. Un amore all'improvviso infatti si mimetizza molto bene tra le molte commediole romantiche che affollano gli schermi ogni mese, pertanto è stato quasi per caso che sono riuscito a scoprire che si trattava di quello. Ma non solo: cambiare il titolo è stata di fatto una pessima mossa di marketing, perché il libro era stato diffuso (con un modesto successo anche in italia) con la traduzione del titolo originale, per cui in molti, come è successo a me, possono anche non aver mai saputo che ne fosse stato fatto un film! Tutto ciò è solo l'ennesima conferma dell'insensata distorsione del mercato italiano, ma questa non è la sede per discutere del problema.

Tirando le somme, La moglie dell'uomo che viaggiava nel tempo, è un libro assolutamente da leggere, e inoltre uno di quei validi jolly che i fan della fantascienza possono giocarsi per far piacere a un profano un libro appartenente al genere. Il film da parte sua merita sicuramente la visione, ma non riesce a essere memorabile, nonostante ricalchi in modo fedele le mosse del romanzo. Consigliabile per quando si ha voglia di una storia sentimentale ma non frivola, ma non in grado di incidere nel profondo sullo spettatore.